domenica 8 gennaio 2012

1) Di più o dippiù ? 2) Mors tua, vita mea 3) La panna spray 4) Storia di un signore...

Kandinsky - Little World

Di più o dippiù?

La locuzione di più si scrive sempre staccata: <>. La forma dippiù, in una sola parola, potrebbe accettarsi solo nella forma sostantivata, il dippiù, la parte che avanza ( così come si scrivere il disopra, il disotto). Ma anche in questo caso la forma il di più è quella più comunemente usata.

Perchè si dice così? Mors tua, vita mea!

Queste parole latine si leggevano un tempo alla base dei Crocifissi. E significavano: " La morte tua, o Signore, è stata la mia vita".

Ma poi il significato della frase fu frainteso e oggi, la sentenza bella, religiosa,si usa invece in senso egoistico a intendere: "La tua morte è la mia vita", ossia le disgrazie degli altri molte volte sono una fortuna per noi.

E’ una vera caduta dall’alto…

Le scoperte e le invenzioni : La panna spray

Aaron Lapin ( 1914-1999) industriale americano, nel 1940 inventa la bomboletta sotto pressione che eroga la panna, cioè la panna spray da spruzzare sui dolci evitando alle massaie il fastidio di montare la parte più densa del latte.

Storia di un signore che poi si chiamò OSCAR

Il signor Oscuro se ne stava sempre nelle sue stanze, tra le sue cose e in compagnia di una lampadina che faceva poca luce.

Quando andava a dormire si raccomandava che le tapparelle fossero abbassate per bene perché proprio non sopportava di essere svegliato dalla luce del sole.

Quel sole che tutti i giorni faceva vedere le cose, le case, la gente, i tram, le botteghe, le fabbriche e che obbligava, chi ne avesse avuto voglia, a capire cosa di nuovo tutti i giorni andava capitando.

Il signor Oscuro non voleva vedere niente che a lui non fosse già noto.

Lui si fidava della sua lampadina e delle cose già viste.

Ma avvenne che un bel giorno….

Nel chiudere le sue solite finestre con molta cura, un piccolo libriccino, chissà come, restò incastrato proprio sotto la pesante tapparella ,abbassata rumorosamente e con ostinazione.

Il libriccino se ne restò tranquillo.

Durante la notte fece conversazione con qualche raggio di luna in giro per il giardino, conobbe le lucciole che gli parlarono di loro zie che abitavano lontanissimo e che si chiamavano stelle e discusse a lungo con un gufo carico d’anni e di esperienza.

Di primo mattino incontrò il primo raggio di sole, bello e splendente e pronto a curiosare dappertutto.

“Fammi entrare” gli disse “voglio conoscere la tua casa. Chi ci abita?”

“Il signor Oscuro - rispose il libricino- e farà di tutto per cacciarti, comunque entra pure.

Fu subito una gran festa.

Si avviarono conversazioni fittissime fra i cristalli della credenza, i libri della biblioteca e le pentole della cucina.

Si svegliò il gatto, il canarino cominciò a cantare e i fiori nei vasi aprirono le loro corolle.

Il signor Oscuro si svegliò di soprassalto e non fece nemmeno in tempo ad arrabbiarsi. Vide cose che non aveva mai voluto vedere.

Aprì pianino la finestra e vide la gente, la città piena di sole, qualcuno gli sorrise, un tram passava veloce e un cagnolino nel giardino di fronte al suo rincorreva felice una farfalla. Il signor Oscuro si rese conto che la luce era una buona amica a che aiutava a vedere, a capire e a pensare meglio.

Aprì allora tutte le finestre e lasciò entrare il sole e tutti quelli che volevano fare la sua conoscenza. Imparò a conoscere tanta gente e decise che il suo nuovo nome da Oscuro doveva diventare Oscar. Da allora il signor Oscar produce e vende finestre aperte. E’ chiamato a dire la sua ogni volta che ci sono oscurità o cose difficili nascoste dietro a fasci di buio.

Lui lascia tranquille solo le oscurità che aiutano a riposare ma per le altre è come il gatto col topo.

Vive felice e contento e fa di tutto per rendere le cose sempre più chiare e facili da capire.

( Galileo)

Questa simpatica favola è stata scritta da un caro amico , Galileo Dallolio, per le sue figlie , quando faceva il pendolare con Milano, più di trenta anni fa.

A lui, va tutta la mia riconoscenza per i preziosi insegnamenti, che ho fatto miei.

Se desiderate saperne di più : www.bottegadellaformazione.it

domenica 28 agosto 2011

1) Calligrafia 2)Campa, cavallo! 3) l'Alfabeto 4) I due cani

Picasso - Donna che piange


Calligrafia

Carissimi Pensieri piccini, sono una mamma, e temo di aver fatto un grosso errore dicendo ai miei bambini che avevano una bella calligrafia. Avendo studiato un po’ di greco, mi è sorto un dubbio: calligrafia non vuol dire già essa sola ? Bella calligrafia sarebbe dunque una inutile ripetizione. “

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L’osservazione è teoricamente giusta. Calligrafia è infatti composta di due parole greche: di Kàllos, bellezza, e del tèma del verbo gràpho, scrivo, e indicò propriamente l’arte di scrivere con bei caratteri; infatti si dice ancora comunemente - imparare la calligrafia - , - insegnante di calligrafia -. Ma presto il significato della voce si dilatò per assumere quello più generico di maniera di scrivere, di scrittura; e senza tener più conto di quel prefisso che indicava appunto bellezza, si cominciò a dire - bella calligrafia -, non solo, ma anche - brutta calligrafia -, - orribile calligrafia -, che parrebbe davvero un controsenso. Dunque, la giovane mamma metta da parte le sue paure, e stia tranquilla: in un compito scolastico - bella calligrafia - , - brutta calligrafia - non sarà mai da segnare errore.

Perchè si dice così? Campa, cavallo!

Si racconta che un povero diavolo portava a mano un cavallo vecchio, stanco, sfinito, per una strada sassosa dove si vedeva appena, di quando in quando, un misero filuccio d’erba. Il cavallo stava per cadere, sopraffatto dalla fame; e il padrone cercava d’incoraggiarlo:

- cavallo mio, non morire; avanti ancora per un poco; campa finché crescerà l’erba e potrai sfamarti.

Oggi, per intendere che non crediamo al mantenimento di qualche promessa, diciamo: - Campa cavallo, ché l’erba cresce - e anche, più semplicemente: - Campa, cavallo! -

Le scoperte e le invenzioni : l'Alfabeto

Nel 1500 a.C., a Ugarit (Siria) viene introdotto un codice di 30 caratteri cuneiformi che corrispondono ad altrettanti suoni. L’alfabeto fenicio nella sua forma definitiva compare invece intorno al 1100 a.C. Si compone di 22 segni: i primi due sono aleph (simbolo che precedentemente indicava il bue) e beth

(simbolo che indicava la casa). Da questo alfabeto si svilupperanno tutti quelli in uso nel mondo.

I due cani

Un tale che aveva due cani ne addestrò uno alla caccia e allevò l’altro per guardia della casa. Quando poi il primo, andando a caccia, prendeva della selvaggina, ne gettava una parte anche all’altro. Allora il can da caccia, sdegnato, cominciò ad insultare il compagno, perché lui andava fuori, sobbarcandosi a continue fatiche, mentre l’altro godeva il frutto del suo lavoro, senza far nulla. Il cane domestico gli rispose: “Non con me devi prendertela, ma col nostro padrone, che mi ha insegnato, non a lavorare, bensì a sfruttare il lavoro altrui”.

Così non si possono biasimare i fanciulli pigri, quando li rende tali l’educazione dei loro genitori.

( Esopo)


domenica 8 maggio 2011

1) Cancellare o scancellare? 2) Piantare in asso 3) La cannuccia per bibita 4) Tra i due litiganti 5) Il mago


Van Gogh -Notte stellata



“ Mi hanno corretto sul compito il verbo scancellare. Dovevo scrivere cancellare. “

(Michele 3a elementare - Lodi)


Cancellare o scancellare?

Cancellare e scancellare sono entrambi correttissimi, e così pure i derivati cancellatura e scancellatura. Si tratta di una normale “s” messa come prefisso con valore rafforzativo o durativo, comunissimo in molti verbi, come graffiare e sgraffiare, battere e sbattere, vuotare e svuotare ecc.

Perché si dice così? Piantare in asso

Ci dobbiamo rifare alla storia del filo d’Arianna.
L’ingrato Teseo, dopo esser fuggito con Arianna da Creta, andò nell’isola di Nasso e lì abbandonò la sua salvatrice, sicché si disse per molto tempo piantare in Nasso.
Poi fu dimenticata l’origine della frase e si disse, come ancor oggi si dice, piantare in asso.


Le scoperte e le invenzioni : La cannuccia per bibita.

Il 2 gennaio1888, Marvin Chester Stone inventa la cannuccia da bibita.
L’uso di cannucce di paglia per bere era già diffuso in precedenza, ma in questo giorno l’inventore americano realizza la prima cannuccia artificiale, fatta di carta paraffinata, destinata a soppiantare quelle <> con il boom della Coca Cola e delle altre bibite gassate.

Tra i due litiganti...

Un orso e un leone avevano trovato un cerbiattino,
Chi se lo sarebbe mangiato?
Cominciarono a leticarsi prima a ruggiti e a grugniti, poi si azzuffarono a unghiate e a morsi: e tante se ne dettero che a un certo punto caddero e l’uno e l’altro a terra, laceri, anelanti, sfiniti, incapaci di muoversi.
Proprio in quel punto passò di lì una volpe che, scorti i due contendenti così malconci, si prese il cerbiattino e se lo trascinò via tranquillamente a goderselo nel bosco sicuro.
Il leone e l’orso rimasero lì a bocca asciutta, a leccarsi i propri graffi.

Il mago

"C'era una volta un giovane principe che credeva in tutte le cose tranne che in tre: non credeva nelle principesse, non credeva nelle isole e non credeva in Dio.
Il re suo padre gli aveva detto che queste cose non esistevano e, siccome nel regno paterno non vi era traccia né di principesse, né di isole e né tantomeno di Dio, il principe credeva a quanto detto dal genitore.
Ma un bel giorno, il principe lasciò il palazzo reale e giunse nel paese vicino: qui, con sua gran meraviglia, da ogni punto della costa vide delle isole e su queste attraenti e regali fanciulle.
Si mise subito alla ricerca di un'imbarcazione, quando lungo la spiaggia gli si avvicinò un uomo elegantemente vestito in abito da sera.
Il giovane principe gli domandò, allora, se quelle fossero isole con sopra autentiche principesse e, alla risposta affermativa, gli chiese se ci fosse nelle vicinanze anche Dio.
Rimase sbalordito quando il distinto signore gli rivelò, con un inchino, che Dio era proprio lui.
Il giovane principe, allora, tornò a casa e si recò dal padre per comunicargli, con un certo tono di rimprovero, che aveva visto le isole, le principesse ed addirittura Dio.
Il re rimase impassibile e gli chiese le caratteristiche del signore che aveva incontrato sulla spiaggia.
Quando seppe che, tra l'altro, portava le maniche rimboccate, sorrise e disse al figlio che quella era la caratteristica dei maghi e che quindi era stato ingannato.
A questo punto il principe ritornò nel paese vicino e si recò nella stessa spiaggia della prima volta, incontrando di nuovo l'uomo in abito da sera.
L'apostrofò con rabbia per le bugie che gli aveva detto, riportandogli le parole del re suo padre.
L'uomo della spiaggia sorrise e gli confermò che era un mago, confidandogli, però, che anche suo padre era un mago e lo teneva sotto un incantesimo che gli impediva di vedere la verità delle cose.
Il principe ritornò allora a casa pieno di dubbi e quando incontrò il padre gli chiese, fissandolo negli occhi, se fosse realmente un mago.
Il re sorrise e si rimboccò le maniche.
Di fronte ad una tale situazione di inganni e di incomprensione e, nell'impossibilità di comprendere il senso delle cose, il principe fu preso da una profonda tristezza e decise di uccidersi.
Il re, per magia, fece apparire la morte che invitò il giovane ad andare con lei.
Il principe a quel punto ebbe un brivido e, ricordandosi delle isole belle e forse irreali e delle attraenti e forse inesistenti principesse, cambiò idea e disse alla morte di sparire.
Allora il re suo padre, di fronte a questa scelta, gli comunicò, sorridendo, che stava anche lui diventando un mago; ed il giovane, a quel punto, si rimboccò le maniche".

John Fowles

domenica 1 maggio 2011

1) Sé stesso o se stesso? 2) Cassandra 3) Il tergicristallo 4) L'asino e il mulo che portavano un carico uguale.

Mirò

E’ giusto scrivere sé stesso o se stesso ?

Il pronome personale riflessivo sé, secondo una norma assolutamente illogica, da molti viene scritto senza accento quando è seguito dall’aggettivo stesso o medesimo ( se stesso, se stessa, se stessi, se medesimo, eccetera) perchè si ritiene che grazie a tale vicinanza non possa nascere ambiguità.

Tale consuetudine sta però tramontando ed è auspicabile che presto possa scomparire del tutto. Stabilito infatti che questo pronome si debba scrivere accentato per non confonderlo col se congiunzione, è inutile e irragionevole andar poi a cincischiare casi e sottocasi in cui la confusione sia più o meno possibile.

Perciò scriveremo semprecon l’accento :

sé stesso, sé stessa, sé medesimo, sé medesima.

Perchè si dice così: Cassandra

Secondo la leggenda, questa donna, figlia di Priamo e di Ecuba, fu amata da Apollo, il quale le concesse il dono della profezia; ma poiché Cassandra non mantenne le promesse che aveva fatto a Apollo, questi si vendicò facendo sì che nessuno prestasse fede alle sue profezie. E quando, con parole terribili, ella annunciò la rovina e la distruzione di Troia, tutti risero di lei.

Purtroppo le sventure che ella pronosticava erano vere, come di lì a poco si vide, ma oggi la parola Cassandra si usa per indicare una persona che vede tutto nero, che non sa preannunciare altro che disgrazie le quali probabilmente( o almeno così si spera) non avverranno.

Le scoperte e le invenzioni : Il tergicristallo

Nel 1903, la casalinga americana Mary Anderson, mentre si trova a New York a osservare i tranvieri e gli automobilisti che puliscono con le mani i parabrezza coperti di neve, inventa il tergicristallo. Il suo sistema è basato su una leva azionata a mano dall’interno dell’auto; solo nel 1923 questo sarà sostituito da un sistema azionato da un motorino elettrico.

L'asino e il mulo che portavano un carico uguale.

Un asino e un mulo avanzavano uno accanto all’altro. L’asino, osservando che i loro due carichi erano eguali, era indignato e si lamentava, perché il mulo, che pur era ritenuto degno di una doppia razione, non portava nulla più di lui. Ma quando ebbero proceduto alquanto nella via, l’asinaio s’avvide che l’asino non poteva reggere, e allora gli tolse una parte del carico, aggiungendolo al mulo. Dopo che ebbero proseguito ancora un poco, vedendo che l’asino era sempre più stanco, gli tolse di nuovo una parte del carico, e, alla fine, prese tutto quanto e lo passò da lui al mulo. Allora questo diede una sbirciatina all’asino: “Ehi, tu, non ti par giusto, ora, che mi faccian l’onore di una doppia razione? “.

Anche noi, per giudicare la condizione di ciascuno, non dobbiamo guardare come comincia, ma come va a finire.

( Esopo)

domenica 17 aprile 2011

1) Signor Dottore o Signor dottore? 2) Paganini non ripete 3) Il cono per gelato 4) Il signor Pericolo

Mirò

Cari ragazzi ne ero certo, i papà e mamme non tradiscono, e dopo la mia richiesta di aiuto, eccoli pronti con l’inviarmi le loro storie, le loro fiabe.

Per voi oggi ne ho scelta una scritta, in fondo al Post, da un papà di nome Galileo, ormai più di 25 anni fa. Questa, come altre che vi porterò a conoscenza col tempo, è stata scritta in un’occasione un po’ particolare : mentre viaggiava in treno , andando e tornando per lavoro da Milano.
Le scriveva per sue figlie. Le ha conservate per tutto questo tempo, e questa di per sé e già una grande lezione di vita.

Buon viaggio…

Signor Dottore o Signor dottore ?

Si offenderà il direttore se scriverò il suo titolo con l’iniziale minuscola?
Devo proprio scrivere Direttore? E anche Vice–direttore? ( o vice – Direttore?)
L’ingegnere diventerà, per ossequio della sua laurea, l’Ingegnere? E allora anche il Ragioniere? E perché non il Geometra? Il Perito Industriale? Be’, allora anche il Contabile e il Cassiere, che mi danno a fine mese lo stipendio… La casistica è tanto sciocca che finirebbe col riuscire buffa. Lasciamo stare la differenziazione tra chi merita, chissà perché, l’iniziale maiuscola e chi no, e cerchiamo di chiarire le idee su questo caso:

Va usata la maiuscola nei nomi che indicano dignità o cariche di particolare rispetto: il Papa, il Re, il Presidente della Repubblica, il Sindaco, Sua Eccellenza, eccetera. Quando però tali nomi sono accompagnati dal nome proprio di persona, rimangono con l’iniziale minuscola : il papa Giovanni, il re Luigi XIV; anche quando sono usati, particolarmente nel plurale, come nomi comuni , mantengono l’iniziale minuscola: i re, i ministri.

Quindi per riassumere : il dottore Carmelo Rossi ;
buongiorno Dottore;
i dottori dell’ospedale;

ed in altre occasioni ancora.
Ai miei piccini, per ora, questo può bastare.

Perché si dice così: Paganini non ripete?

La frase è di uso comune e si adopra a volte stizzosamente, quando, dette parole di rimprovero, vogliamo far sapere che non saranno ripetute, che una seconda volta, dalle parole passeremo ai fatti; si usa anche scherzosamente, quando qualcuno vorrebbe che ripetessimo una frase spiritosa, un discorso burlesco. E l’origine? Eccola:
Nicolò Paganini, genovese (1784-1840) violinista meraviglioso, forse il più grande d’ogni tempo, una sera del 1825 sonò davanti al re carlo felice. Questi, alla fine della sonata, entusiasmato, chiese il bis e il maestro rifiutò. Il re insistette e Paganini orgogliosamente gridò:
-Paganini non ripete . –
Tale insolente risposta gli fruttò l’espulsione dal Regno per due anni.
Forse il rifiuto derivò dal fatto che il maestro aveva improvvisato, come spesso avveniva, il pezzo di musica.

Le scoperte e le invenzioni: Il cono per gelato

Il gelataio italiano Italo Marcioni, emigrato negli Stati Uniti, inventa nel 1896, a New York, il cono commestibile per il gelato.
Nasce il gelato da passeggio.

Un racconto piccino - piccino: Il signor Pericolo

Il signor Pericolo si era stancato di ritrovarsi sempre da solo.
Lui, per mestiere, stava vicino alle spine di corrente o alle pentole sulla stufa o dall’altra parte della strada.
Che colpa aveva se le mamme dicevano sempre ai loro bambini “stai lontano da pericolo, non attraversare la strada che c’è pericolo, non avvicinarti alla pentola che c’è pericolo…..?!
In fin dei conti lui doveva proprio restare in mostra e farsi vedere in quelle situazioni che potevano procurare brutte sorprese ai distratti.
Da quando poi si era trasferito in città era molto indaffarato perché doveva andare dappertutto.
Ma era giusto che un signore così utile dovesse essere così solo e così poco considerato?
Pensa e ripensa e gli venne in mente che in via dei Calmi al numero uno abitavano due sue amiche d’infanzia, la Signorina Prudenza e la Signorina Calma.
“Volete venire a farmi compagnia?” chiese loro
“Sono sempre solo”.
Perché no!
Risposero Prudenza e Calma che si annoiavano un po’ nella loro casetta di vetro e dove Prudenza non apriva mai la finestra per paura di un colpo d’aria.
Da allora Prudenza, Calma e Pericolo si fanno compagnia e sempre più spesso si sente dire “vado con calma e con prudenza dove c’è pericolo”.
E tutto fila liscio: si attraversano le strade che è una bellezza, si mette la spina nella corrente senza paura, eccetera eccetera
(e ognuno di voi pensi dove ha incontrato il Signor Pericolo).
Ma cosa hanno di speciale Prudenza e Calma?.
Ve lo dico in due parole.
Calma e Prudenza prima di fare le cose ci pensano.
Attraversano la strada con attenzione, se vanno vicino alla spina di corrente, prima si asciugano le mani, ecc.ecc. e tutto così fila liscio.

( Galileo)

sabato 19 marzo 2011

1) Fiaba o favola? 2) Chi ha fatto trenta può fare trentuno 3) La carta igienica 4) Il fantasma del lago


Mirò


Fiaba o Favola?

Cerchiamo di fare chiarezza.

La fiaba è narrata come un racconto popolare ( anche ) oralmente ed è anonima, ossia non se ne conosce il primo narratore (l’autore), ma soltanto l’ultimo e, forse, la sua fonte.

Diversamente dalla fiaba e dalla leggenda, la favola è un genere letterario che appartiene alla tradizione scritta fin da tempi molto antichi.
Le favole sono presenti in tutte le culture e in tutto il mondo e quasi tutte si assomigliano.
La fiaba è un tipo di narrazione i cui protagonisti non sono quasi mai animali (tipici invece nella favola), ma creature umane, coinvolte in avventure straordinarie con personaggi dai poteri magici come fate, orchi, giganti e così via.
Le fiabe sono state tramandate oralmente, ma c'è chi le ha raccolte e trascritte

Cercando di semplificare, ai più piccini, possiamo dire che la differenza tra una fiaba ed una favola, sta perlopiù in questo semplice concetto : la fiaba non ha un “papà” ben definito, la favola sì.

Ad esempio, è una favola quella di Pinocchio, è una fiaba quella di Cappuccetto Rosso, anche se da tutti attribuita ai fratelli Grimm.


Perché si dice così: Chi ha fatto trenta può fare trentuno?

Papa Leone X, il I° luglio 1517 creò trenta nuovi cardinali; poi gli parve che un altro prelato fosse pure degno di quell’onore, e nominò cardinale anche lui.
Qualcuno si meravigliò, vedendo che il papa, il quale aveva pensato di fare trenta cardinali, ne avesse fatto uno di più, e Leone X rispose:

- Chi ha fatto trenta può fare trentuno -

La frase è rimasta a significare che colui il quale ha fatto uno sforzo può facilmente aggiungerne uno minore.

La scoperta e le invenzioni: La carta igienica


Joseph Gayetty , uomo d’affari americano inventa questo prodotto, presentato in pacchi a fogli singoli, ma non riesce a trovare acquirenti a causa dell’elevata "concorrenza" di vecchi libri, cataloghi, giornali, dell’epoca la miniera più feconda di carta per uso igienico.
La carta igienica sarà perfezionata dall’inglese Walter Alcock che nel 1879 inventa il rotolo con fogli a strappo e sfonderà sul mercato americano nel 1884 quando due fratelli, Edward e Clarence Scott, presenteranno il rotolo bucherellato moderno realizzato con carta morbidacome il lino, e poi chiamato Scottisue, dando inizio a una multinazionale dell’usa e getta. Questa compagnia lancerà nel 1907 anche i primi fazzoletti usa e getta.

Un racconto piccino - piccino: IL fantasma del lago

Fino al 1600 il lago del Rutor rappresentava una calamità per la popolazione di La Thuile perché sovente le sue acque rovinavano a valle causando terribili inondazioni.
Un giorno un cacciatore, di nome Pantaleon, decise di andare a caccia proprio nella zona del lago. Mentre camminava sul sentiero vide spuntare all’improvviso una lepre bianca, prese il fucile e fece fuoco ma non la colpì, sparò una seconda volta ma di nuovo il colpo andò perso. Stupito per il doppio errore, era infatti considerato un tiratore molto bravo, si mise a inseguire la lepre che, direttasi verso il lago, si infilò in una tana e non ne uscì più.
Pantaleon, ansante per la corsa, posò infuriato il fucile a terra, poi scese alla sponda del lago e messo un segno per poter controllare se il livello delle acque era in aumento, mangiò un boccone e si appisolò.
Sognò la lepre bianca: era quasi certo di averla colpita ma questa non aveva versato una goccia di sangue…strana storia.
Al risveglio andò a controllare il livello del lago e vide che questo era salito di un dito.
Si diresse allora verso il punto da cui le acque defluiscono a valle per vedere se c’era qualcosa che ne impedisse la corsa. Mentre compiva questa operazioni, doverose perché un avviso tempestivo avrebbe permesso ai Thuileins di mettere in salvo se stessi e i loro beni dalla furia delle acque, si sentì chiamare. Si voltò e vide un vecchio amico che seduto tranquillamente su una pietra lo guardava sorridendo.
Si avvicinò e riconobbe l’uomo che gli stava parlando e con il quale spesso aveva banchettato, parlando di caccia e ricordò che era morto qualche anno prima.
Fu immediatamente colto da grande spavento e fatto un passo indietro, stava per mettersi a scappare a gambe levate quando il “revenant”, parlando con molta dolcezza, gli disse: -Non aver paura, non ti porterò alcun danno, non mi riconosci dunque più?-. " Sì, rispose il cacciatore, ma non immaginavo di rivedervi sapendo che siete morto da tanto tempo".

E dicendo quelle parole tremava sempre di più.
Lo fantasma lo incaricò di portare un messaggio alla sua famiglia, facendosi promettere che non lo avrebbe ripetuto a nessun altro e infine Pantaleon, preso il coraggio a due mani, chiese al fantasma, in cambio del servigio, di rivelargli se il lago avrebbe ancora provocato grandi disastri.
"Questo è un segreto al di sopra delle mie capacità, ma se tu prenderai l’impegno di non usare più il tuo archibugio, qualunque animale ti si pari davanti, fossero pure camosci, volpi argentate o galli cedroni, il lago non sarà più nemico".
Si salutarono e il cacciatore, che aveva resistito fino ad allora, scappò e si mise a correre quanto le gambe glielo permettevano.
Dopo aver percorso qualche centinaio di metri, prima di inforcare il sentiero che, ripido, scende su La Thuile, si girò un attimo e vide la lepre bianca salire verso la cima del Rutor.
Giunto in paese si mise a letto e vi restò ammalato per due settimane. Nel frattempo aveva mandato a chiamare la famiglia dell’amico morto e aveva riferito il messaggio che gli era stato affidato.
Non mancò alla promessa fatta e non svelò mai a nessun altro ciò che il fantasma gli aveva confidato; mise l’archibugio nell’armadio e non lo usò più.
Quando , andando in montagna, incontrava qualche magnifico animale, girava il viso dall’altra parte e continuava per la sua strada.
Sarà un caso, ma da allora il lago del Rutor non è mai straripato. Nel luogo in cui avvenne l’incontro tra Pantaleon e il “revenant” sorge oggi una cappella dedicata a San Grato e Santa Margherita.

(Le conte di baou)

A presto... con Pensieri Piccini

Premessa agli adulti...


Mirò


Premessa
agli adulti...

Da tempo, i miei piccoli lettori mi chiedono di scrivere favole, storie fantastiche, pensieri anche per loro.
Davanti a queste richieste, mi sono trovato molto povero.
Scrivere una favola, anche di sole poche righe è impresa più difficile di quanto potrebbe sembrare.
I miei piccoli amici, devono sapere che io ho sempre amato la fiaba, la favola, il racconto popolare, forse anche più delle grandi storie e romanzi di importanti scrittori.
Scrivere una favola, è qualcosa di sublime, ancor più se questa favola segna i cuori dei bambini.
Chi mi conosce sa quanto, ancora oggi , io continui ad amare le favole, in particolare quella di “Pinocchio”.

L’ho letta da bambino e riletta più volte da adulto, cercando di capirne tutte le sue sfumature attraverso il pensiero di illustri scrittori e studiosi, partendo dal maestro Fernando Tempesti con il suo “Pinocchio commentato”, fino ad arrivare al “Contro Mastro Ciliegia” del Cardinale Giacomo Biffi.
Avrei potuto evitare tutte queste letture se avessi avuto la possibilità di fermarmi a parlare, seduto su una panchina, con Collodi.

Chissà forse un domani…

Ho raccolto favole, racconti fiabeschi , romanzi per ragazzi , e alcuni libri che riportano racconti popolari, nella mia piccola biblioteca, ove ho riservato loro uno spazio prezioso, forse il più prezioso. Molte di queste storie mi sono state raccontate dai miei genitori e dai nonni, come spesso sarà capitato anche a voi.
Il fascino di una fiaba o di un racconto popolare, assume una veste tutta sua, tutta particolare, se questa prima ancora di essere letta dal bambino, a lui viene raccontata.
Vivono nelle parole, nel tono e nel timbro della voce come nella mimica facciale, tutte le più alte sfumature del racconto.
Saper raccontare una favola è un’arte che tutti possiamo imparare, ma non è come leggere un giornale, un testo di scuola, è qualcosa di più, qualcosa che nasce da dentro ancor prima che dal libro.
L’abitudine di raccontare favole ai bambini si va purtroppo sempre più perdendo. Si trascura così il fatto che il bambino è un bambino non un adulto in miniatura, che la realtà che vive è comunque una realtà simbolica e che le uniche spiegazioni che hanno un senso per lui sono le spiegazioni per immagini.
Abbandonare i racconti di fiabe significa abbandonare la migliore via di accesso a quel mondo fantastico in cui il bambino è immerso, significa privarlo di un supporto utile, anzi indispensabile, ad affrontare e a risolvere le sue angosce.
La fiaba parla dei perché, la fiaba parla sempre del significato di ciò che accade. E, nelle fiabe, i bambini vincono. ( Paola Santagostino)


Non so se riuscirò ad esaudire i vostri desideri e con quale frequenza, ma in qualche modo ci proverò, non ho una idea ben precisa su come affrontare questo tema, forse perché è la prima volta che lo faccio fuori dal mio ambito familiare, e poi è passato tanto tempo da quando le raccontavo a Giacomo, mio figlio, ora diventato adulto. I sogni , tuttavia, non vanno spenti ancor prima del nascere, quindi ogni tanto ( non sempre) proverò a raccontarvi qualche storia, forse non saranno sempre delle fiabe, ma saranno di sicuro storie che meritano di essere raccontate, saranno rivolte non solo a voi ma anche ai ragazzi un po’ più grandi e perché no anche agli adulti.

Alcune di queste storie le avrete già sentite, altre raccontate in modo diverso.

Se saranno fiabe, saranno anche storie piene di verità, perchè tutte le verità sono state raccontate e nascoste nelle fiabe.
Proverò a non essere solo in questa avventura, di certo qualche mamma e papà, di buon cuore, avranno una bella storia da raccontare a tutti voi, forse proprio la loro storia, o una storia a loro raccontata tanti anni fa, e che vogliono condividere con me e con voi, attraverso: Pensieri Piccini.

In Pensieri Piccini, non saranno solo riportate storie popolari e fiabe o racconti di vario tipo, ma raccolte, anche, alcune informazioni interessanti e divertenti senza essere, tuttavia, legati ad alcun schema.

Buon viaggio… con Pensieri Piccini